Parmenide e il cavallo di Ibico: l’immagine dell’eros senile per la dialettica (Parm. 136e-137c)
Sulla caratterizzazione di Parmenide si concentra da sempre l’attenzione degli esegeti: chi postula un’evoluzione nel pensiero di Platone scorge in Parmenide il portavoce dell’autore che sottopone a drastica revisione la dottrina delle idee; chi invece crede nella presenza di un sistema filosofico coerente attraverso il corpus dei dialoghi ritiene al contrario che Platone intenda prendere le distanze da Parmenide, suggerendo al destinatario uno iato profondo tra la propria voce e la voce del suo personaggio. L’interpretazione del Parmenide trova quindi il suo perno nella caratterizzazione di Parmenide, nella quale la critica tenta di scorgere indizi in questa o quella direzione. Altro nodo da sciogliere è poi il rapporto tra le due parti del dialogo: l’esame dell’ipotesi delle idee condotto con Socrate (128e5-136e4), e l’esempio di gymnasia condotto con Aristotele il giovane, l’esercizio dialettico di cui, a detta dello stesso Parmenide, Socrate ha bisogno a causa della sua giovane età (137b6-166c5). E nel momento di cesura fra le due sezioni Platone incastona una parafrasi da Ibico, tramite la quale Parmenide descrive il proprio stato d’animo prima di affrontare la nuova indagine, l’ἀμήχανος πραγματεία alla quale è invitato. Decisivo è quindi il ruolo che le immagini di Ibico rivestono per l’interpretazione del dialogo: la parafrasi è al centro di una scena dove convergono sia la caratterizzazione di Parmenide sia l’articolazione tra le due sezioni del dialogo.
Parmenide paragona se stesso al “cavallo di Ibico” che, ormai anziano, è chiamato alla gara con i carri e cade in preda al timore perché conosce la fatica e il pericolo ai quali andrà incontro. Il Nel frammento infatti (287 PMGF), il poeta, anch’egli anziano, è chiamato alla contesa amorosa e trema di paura a causa della sua età che renderà certo gravosa la sfida ormai prossima, come un vecchio cavallo dal passato vittorioso che si appresta dubbioso alla contesa con i carri. Di fronte alle preghiere degli altri personaggi presenti, Parmenide accetta comunque di intraprendere la vasta indagine, ἡ διὰ πάντων διέξοδός τε καὶ πλάνη, paragonando la propria condizione al pathos del cavallo di Ibico (136e1-137a7). Parmenide coglie l’ἀπεικασία che Ibico stabilisce tra se stesso, ormai anziano e costretto, ἄκων, ad amare, e il vecchio cavallo che sta per entrare in agone con il carro; allo stesso modo Parmenide, che ben ricorda la difficoltà, teme l’impegno che deve fronteggiare: attraversare un tale “mare di λόγοι” con il peso dell’età avanzata che ora lo opprime. Come vedremo, il tema dell’età è al centro della scena del Parmenide sin dalla cornice, costruita con la funzione di aprire al lettore una profonda prospettiva temporale su eventi collocati in un passato remoto: Cefalo di Clazomene, il narratore ormai maturo, aveva incontrato molti anni prima Antifonte, ancora fanciullo, παῖς, in occasione del suo primo viaggio ad Atene, e ora lo cerca di nuovo perché alcuni suoi concittadini, che si occupano di filosofia, sono venuti a sapere che in gioventù Antifonte aveva appreso da Pitodoro, allievo di Zenone, i λόγοι che intrecciarono fra loro Socrate, Zenone e Parmenide (126b1-4). Tale movimento verso il passato è costruito da Platone tramite una serie di coppie di maestri anziani ed allievi giovani (Pitodoro e Antifonte, Zenone e Pitodoro, Parmenide e Zenone, Parmenide e Socrate, Parmenide e Aristotele il giovane), tra le quali l’ultima, che animerà il resto del dialogo, è quella con il più ampio divario d’età. Tramite la parafrasi del frammento di Ibico, Platone costruisce quindi per Parmenide la maschera del maestro anziano che si appresta di nuovo alla schermaglia erotica con l’allievo giovanissimo: non sfugge la metafora, frequente in Platone, della paideia filosofica come rapporto erotico, un motivo che informa di sé il Simposio, l’Alcibiade maggiore e minore, come la ricca produzione di scuola socratica che nasce attorno al giovane Alcibiade. Ma con l’immagine del faticoso eros senile Platone sembra segnare una distanza profonda dal paradigma dell’eros filosofico di Socrate: non a caso al giovanissimo interlocutore è richiesto di alleviare le difficoltà della ricerca, evitando digressioni e offrendo con le sue risposte occasioni di riposo al maestro anziano (137b6-8). L’eros senile di Parmenide, la cui fatica traspare con chiarezza dalle immagini di Ibico, non è certo l’eros che nel racconto di Diotima dona lo slancio verso la procreazione dei καλοὶ λόγοι, ultimo passo prima di affrontare il “mare del bello” (Symp. 210c), né la corrente di Eros che trascina alla φιλοσοφία al termine della palinodia del Fedro (256a-257b). Tramite il cavallo di Ibico, Platone offre un ritratto di Parmenide che si oppone in modo polare al Socrate erotico che emerge dal Carmide o dal Simposio. Non a caso, nel Teeteto, quando Socrate, ormai maturo, ricorda l’incontro avvenuto nel Parmenide attribuisce al “venerando e insieme terribile” Parmenide una nobile profondità di pensiero ma ne rifiuta il metodo: tornare sulle tracce di Parmenide desterebbe un problema impossibile da affrontare per vastità (πλήθει ἀμήχανον) mentre ora è necessaria la μαιευτικὴ τέχνη per far partorire al giovane Teeteto le sue opinioni περὶ ἐπιστήμης (183e8-184b1). Nella dialettica di Parmenide Aristotele non ha alcun ruolo e deve anzi porre il minore intralcio possibile al raggiungimento della meta prestabilita; al contrario nella maieutica di Socrate al centro sono Teeteto e le δόξαι che egli deve partorire.
L’analisi della parafrasi di Ibico permette quindi di aggiungere un indizio in favore della tesi che scorge nella gymnasia una natura introduttiva e preparatoria, che non implica di necessità una svolta filosofica definitiva e programmatica tramite l’abbandono della teoria delle idee. Il Parmenide racconta un passato lontano nel quale Socrate incontra l’anziano maestro Parmenide che lo spinge all’esercizio della filosofia; Socrate conserverà l’horme che lo stesso Parmenide notava in lui (135d2-3) ma la dirigerà in direzione diversa. Al contrario, sulle tracce di Parmenide, nel Sofista e nel Politico, proseguirà lo Straniero di Elea, nel quale è possibile scorgere il ritratto del dialettico che conduce ricerche specifiche all’interno della scuola.
Per comprendere la funzione che ha la parafrasi di Ibico nel contesto dialogico del Parmenide, è necessario quindi collocare il passo nel più ampio orizzonte del repertorio d’immagini e motivi della tradizione poetica che Platone traduce nella sua scrittura filosofica. Come ha sostenuto di recente Z. Petraki (2011, pp. 71-72) in merito alla Repubblica, “Plato is doing much more than merely embedding this type of imagery in the text: the philosopher breaks the link with any traditional literary past […]. In fact, traditional story-patterns are now encapsulated in mere words […] which, while evoking traditional thought-patterns and ideas, are intended to play a new (philosophical) role in an innovative environment”. Non diversamente, il frammento di Ibico è impiegato nella scena di cesura fra le due sezioni del Parmenide per rielaborare, tramite la caratterizzazione di Parmenide, il motivo tradizionale dell’eros pederastico nel mondo nuovo della ricerca speculativa sviluppata con gli strumenti della dialettica. Un’operazione condotta all’interno della scuola, lontano dalle strade di Atene dove al contrario è ancora necessaria la maschera di Socrate e il suo eros sempre giovanile.
Parmenides and Ibycus’ horse: the dialectician as an old lover (Parm. 136e-137c)
Ancient and modern scholars have always focused on Parmenides’ characterization in the Parmenides: those who postulate an evolution in Plato’s thought tend to see in Parmenides the mouthpiece of the author who wants to submit his doctrine of the Forms to a drastic revision; on the contrary, unitarians believe that Plato somehow distances himself from Parmenides: any interpretation of the dialogue requires a full understanding of its protagonist’ characterization. Another puzzle that has to be solved is the relation between the two parts in which the dialogue is clearly divided: the critique of the theory of Forms with Socrates (128e5-136e4), and the gymnasia with Aristotle the young, the dialectical exercise Socrates needs because of his young age (137b6-166c5). Between the two sections Plato places a paraphrase from Ibycus, through which Parmenides describes his state of mind before starting the new investigation, the ἀμήχανος πραγματεία to which he is called. The role that Ibycus play in the Parmenides is therefore extremely relevant: around the paraphrase of his poetry Plato builts a scene which is pivotal both for the characterization of Parmenides and for the articulation between the dialogue’s two sections. Parmenides compares himself to Ibycus’ horse who, now grown old, is called to the chariot race and comes to fear because he knows out of experience the dangers he will have to face. In fact, in the fragment (287 PMGF) the poet is called as an old man to the challenge of love and trembles with fear because of his age, like an old horse who used to win but now is scared in front of the next challenge. Parmenides nevertheless accepts to undertake the vast investigation, ἡ διὰ πάντων διέξοδός τε καὶ πλάνη, comparing his condition to the pathos of Ibycus’ horse (136e1-137a7). Parmenides understands well the ἀπεικασία that Ibycus establishes between himself, now old and forced, ἄκων, to love, and the trembling aged horse who is about to enter the agon; in the same way Parmenides fears the commitment he has to face: to cross such a “sea of λόγοι” with the burden of age which now oppresses him. As we shall see, the theme of age is pivotal in Parmenides’ frame, where Plato introduces the reader to events occured in a far gone past: the conversation Socrates, Zeno and Parmenides had 50-60 years ago at least (126b1-4). This movement towards the past is built by Plato through several couples of old masters and young students (Pythodorus and Antiphon, Zeno and Pythodorus, Parmenides and Zeno, Parmenides and Socrates, Parmenides and Aristotle the young). The last couple, Parmenides and Aristotle the young who will dominate the rest of the dialogue, is the one with the widest age gap. Through the paraphrase of Ibycus’ poetry, Plato then builds for Parmenides the mask of the old master who is trembling for the erotic challenge with the young pupil; once again Plato’s reader meets the metaphor of philosophical paideia as erotic relationship, a motif which informs the Symposium itself, the two Alcibiades, and many other works of first generation Socratics about the young Alcibiades. But with the image of the “old lover” Plato seems to distinguish clearly Parmenides’ attitude from Socrates’ philosophical eros: it is not by chance that Aristotle the young is asked to facilitate Parmenides’ task, avoiding digressions and offering him moments to rest (137b6-8). Parmenides’ eros, the eros of an old lover, is certainly not the eros that in the logos of Diotima gives the impetus towards procreation of the καλοὶ λόγοι, the last step before facing the “great sea of beauty” (Symp. 210c), nor the stream of Eros which in the Phaedrus drags to φιλοσοφία at the end of the palinodia (256a-257b). Through Ibycus’ image Plato offers a portrait of Parmenides which is radically different from the erotic Socrates we know from the Charmides or the Symposium. Not by chance, in the Theaetetus, when Socrates, now mature, remembers the meeting happened in the Parmenides, he praises the “venerable and at the same time terrible” Parmenides but rejects his method: returning to Parmenides would raise a problem impossible to deal with (πλήθει ἀμήχανον) while now it is necessary the μαιευτικὴ τέχνη for the young Teetetus and his opinions περὶ ἐπιστήμης (183e8-184b1). In the dialectic of Parmenides Aristotle the young has almost no part; on the contrary, Socrates’ maieutics gives the greatest importance to Theaetetus and to the δόξαι he must give birth to.
The analysis of the paraphrase from Ibycus thus allows us to add a clue in favor of the thesis that sees in the gymnasia with Aristotle the young only an introductory and preparatory activity, which does not imply a programmatic turning point by abandoning the theory of Forms. The Parmenides tells a distant past in which Socrates meets the old master Parmenides who pushes him to the exercise of philosophy; Socrates will mantain the horme that Parmenides himself noted in him (135d2-3) but will lead it in a different direction. On the contrary, the Stranger from Elea will follow the trail of Parmenides’ character, probably the portrait of the dialectician who conducts specific research inside Plato’s Academy.
To understand the role of Ibiycus’ poetry in the dialogic context of the Parmenides, it is therefore necessary to place it in the broader horizon of the literary motifs that Plato translates into his philosophical writing. As recently claimed by Z. Petraki (2011, pp. 71-72) about the Republic, “Plato is doing much more than just embedding this type of imagery in the text […] In fact, traditional story-patterns are now encapsulated in mere words […] which, while evoking traditional thought-patterns and ideas, are intended to play a new (philosophical) role in an innovative environment “. Not differently, Ibycus’ fragment is used in the pivotal scene between the two sections of the dialogue in order to translate, through the characterization of Parmenides, the traditional themes of pederastic eros in the new world of dialectics: the world of Plato’s school, away from the streets of Athens where on the contrary the mask of Socrates and its ageless eros are still necessary.