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Una mereologia nel Parmenide di Platone?

 

  1. Introduzione

Platone, esplorando se l’uno è o non è, offre nel Parmenide una teoria mereologica coerente: il tutto è più che la somma delle sue parti perché, come holon, il tutto dà luogo alle parti, e non viceversa, cioè, non sono le parti a generare il tutto. Questa teoria, però, non viene utilizzata in modo consistente durante il dialogo.

 

  1. Argomento

2.1. Il testo. Nella seconda parte del dialogo, la discussione passa dal considerare se l’uno è uno alla considerazione se l’uno semplicemente è[1]. Ora, l’uno ch’è (ἓν ὂν) risulta essere un tutto (ὅλον); da questo viene che sia l’uno, sia l’essere (τό τε ἓν καὶ τὸ εἶναι), sono parti (μόρια)[2]. In questa ricerca si conclude che l’uno avrà sempre l’essere, e l’essere, a sua volta, l’uno. Pertanto, paradosalmente, l’uno essendo una molteplicità non sarà mai[3].

2.2. Conseguenze mereologiche.  Il vocabolario utilizzato da Platone permette di distinguere la seguente struttura mereologica: c’è un tutto (ὅλον) composto per parti-di tale tutto, ovvero, μόρια[4]. Ciò significa che la parte (τὸ μόριον) è parte, non dell’insieme di cose (πάντων), ma di quel certo uno che noi chiamiamo tutto (ἑνός τινος ὃ καλοῦμεν ὅλον)[5]. Questa teoria mereologica stabilisce che il tutto non è composto per parti simpliciter (μέρη): le semplici parti non originano il tutto (questa sarebbe una posizione vicina alla dottrina mereologica che considera che a identità di parti corrisponde l’identità del tutto, o più brevemente, che il tutto è uguale alla somma delle sue parti), piuttosto è il tutto che possiede le parti-di (μορία) tale tutto e, pertanto, il tutto dà senso e ha priorità sulle sue parti (dottrina mereologica dove l’identità di parti non è sufficiente per stabilire l’identità del tutto, o brevemente, il tutto è più che la somma delle sue parti)[6]. Così, il tutto che è un certo uno non è (a) né la somma delle sue parti (vale a dire, un insieme di items contabili: quest’uno non è considerato come un numero cardinale)[7], né l’uno è una parte contabile (cioè, non è una forma messa all’interno di una sequenza: quest’uno non si identifica con il numero ordinale)[8]. Il tutto, se di contare si vuol parlare, è ciò che permette di contare senza poter essere contato a sua volta[9]. Questa è una teoria mereologica coerente, la quale però non è mantenuta consistentemente nel Parmenide.

 

  1. Difficoltà

Durante le discussioni sull’uno, il Parmenide non mantiene la relazione ὅλον–μόρια. Il termine ὅλον, infatti, appare diverse volte in relazione con il termine μέρη[10]. Era forse Platone conscio della teoria mereologica che viene esposta nei passaggi segnalati del Parmenide? Oppure l’uso inconsistente dei termini fu deliberatamente voluto?

 

  1. A mo’ di conclusione

Nel Parmenide viene offerta una teoria mereologica coerente. Il dialogo però fallisce, fra altre cose, a causa del fatto che Platone non mantiene questa teoria lungo il dialogo. Se Platone non era consapevole della teoria mereologica appena esposta, l’inconsistenza può esser spiegata per mancanza di conoscenza. Ma se Platone era effettivamente consapevole di questo, occorre trovare altre spiegazioni. Una possibile spiegazione potrebbe essere che, quando Platone rispetta le relazioni stabilite dalla teoria mereologica, egli sta parlando più seriamente rispetto a quando non la rispetta.

Il consiglio che Parmenide dà al giovane Socrate[11] è ancora oggi un invito a praticare con impegno la ἀδολεσχίας, quella sottile distinzione del vocabolario, nonostante questa pratica ormai sia considerata molte volte attività inutile.

 

Referenze

 

ANGELES GARNICA, D. El caballo negro del Phaedrus. Demostrar, mostrar y armonizar el conflicto del alma. Roma 2018

BLYTH, D. «Platonic Number in the Parmenides and Metaphysics XIII», International Journal of Philosophical Studies 8 (2000) 23-45.

CETRONE, B,. «L’eidos come holon in Platone», F. FRONTEROTTA – W. LESZL, ed., Eidos – Idea. Platone, Aristotele e la tradizione platonica, Academia Verlag –Sankt Augustin, Germany 2005, 103-114

PLATÓN, Parmenides J. BURNET ed., Platonis opera, vol. 2, Clarendon Press, Oxford 1967. PRITCHARD , P. Plato’s Philosophy of Mathematics. Academia Verlag – Sankt Augustin, International

Plato Studies, vol. 5, Germany 1995.

VARZI, ACHILLE C. Ontologia, Laterza, Roma-Bari 2005, 20082.

 

¿Una mereología en el Parménides?

  1. Introducción

En el Parménides, explorando si el uno es o no es, Platón ofrece una teoría mereológica coherente: el todo es más que la suma de sus partes pues el todo, como holon, da lugar a las partes y no, inversamente, las partes al todo. Esta teoría no se utiliza consistentemente durante el diálogo.

 

  1. Argumento

2.1 El texto. En la segunda parte del diálogo, hay un punto donde se examina, no ya si el uno es uno, sino si el uno simplemente es[12]. El uno que es (ἓν ὂν) resulta ser un todo (ὅλον) del que tanto lo uno como el ser (τό τε ἓν καὶ τὸ εἶναι) son partes (μόρια )[13]. Esta investigación concluye que lo uno siempre tendrá ser, y el ser tendrá siempre lo uno, por lo que, paradójicamente, serán una multiplicidad, y, por tanto, el uno jamás será[14].

2.1 Consecuencias mereológicas. El vocabulario utilizado por Platón distingue la siguiente estructura mereológica: hay un todo (ὅλον) compuesto por partes- de ese todo (μόρια)[15]. Esto es, la parte (τὸ μόριον) es parte, no de muchas cosas juntas (πάντων), sino de un cierto uno que llamamos todo (ἑνός τινος ὃ καλοῦμεν ὅλον)[16].

Esta teoría mereológica establece que el todo no está compuesto por partes simpliciter (μέρη) que lo originan (esta posición rechaza la doctrina mereológica que establece que, a identidad de partes, identidad del todo, o brevemente, que el todo es igual que la suma de sus partes), sino que el todo posee partes-de (μορία) ese todo, por lo que es el todo el que da sentido y tiene prioridad sobre sus partes (esta doctrina mereológica establece que la identidad de partes no es suficiente para la identidad del todo, o brevemente, el todo es más que la suma de sus partes)[17]. Por tanto, el todo que es un cierto uno, no es (a) ni la suma de sus partes (es decir un conjunto de items contables: este uno no se considera como numero cardinal)[18], ni tampoco el uno es una parte que se pueda contar (es decir, una forma ubicada en una secuencia: este uno no se identifica con un número ordinal)[19]. Este todo, si de contar se quiere hablar, es lo que permite contar sin poder a su vez ser él contado[20]. Esta es una teoría mereológica coherente que, sin embargo, no se mantiene de modo consistente en el Parménides.

 

  1. Dificultad

Durante las discusiones sobre el uno, el Parménides no respeta la relación ὅλον–μόρια, pues el término ὅλον aparece en diversas ocasiones relacionado con μέρη[21]. ¿Platón fue consciente de la teoría mereológica que el Parménides expone en los pasajes señalados? ¿Usó inconsistentemente los términos de manera deliberada?

 

  1. Conclusión

El Parménides ofrece una teoría mereológica de fuerte coherencia interna. Sin embargo, el diálogo fracasa, en parte, porque Platón no respeta esta teoría a lo largo del diálogo. Si Platón no fue consciente de la teoría mereológica que hemos mostrado, la inconsistencia se explica por la misma incosciencia. Si fue consciente, otras explicaciones deben buscarse, entre las cuales sugerimos que, cuando Platón respeta las relaciones que establece la teoría, habla con mayor seriedad que cuando no la respeta. En última instancia, el consejo de Parméndes al joven Sócrates[22] a practicar arduamente la ἀδολεσχίας, es decir, la sutil distinción del vocabulario, no obstante esto sea considerado muchas veces inútil, sigue siendo válido para el estudio del Parmenides.

 

Referencias

 

ANGELES GARNICA, D. El caballo negro del Phaedrus. Demostrar, mostrar y armonizar el conflicto del alma. Roma 2018

BLYTH, D. «Platonic Number in the Parmenides and Metaphysics XIII», International Journal of Philosophical Studies 8 (2000) 23-45.

CETRONE, B,. «L’eidos come holon in Platone», F. FRONTEROTTA – W. LESZL, ed., Eidos – Idea. Platone, Aristotele e la tradizione platonica, Academia Verlag –Sankt Augustin, Germany 2005, 103-114

PLATÓN, Parmenides J. BURNET ed., Platonis opera, vol. 2, Clarendon Press, Oxford 1967. PRITCHARD , P. Plato’s Philosophy of Mathematics. Academia Verlag – Sankt Augustin, International

Plato Studies, vol. 5, Germany 1995.

VARZI, ACHILLE C. Ontologia, Laterza, Roma-Bari 2005, 20082.

[1] PLATONE, Parmenide 142 c2-3.

[2] PLATONE, Parmenide 142 d4-5.

[3] PLATONE, Parmenide142 e6- 143 a1.

[4] Il tutto come ὅλον viene distinto dall’insieme (πᾶν). Il primo contiene parti-di (μορία) mentre il secondo ha semplicemente le parti (μέρη): le stesse parti di legno potrebbero trovarsi nell’insieme di una barca oppure di un calesse. Ma, le parti proprie della barca, ad esempio, il timone sarà parte della barca e non del calesse. La differenza fra ὅλον e πᾶν è stata difesa da Cetrone (CETRONE, B., «L’eidos come holon in Platone», F. FRONTEROTTA – LESZL, ed., Eidos – Idea. Platone, Aristotele e la tradizione platonica, Academia Verlag –Sankt Augustin, Germany 2005, 103-114). Una breve esposizione dell’uso dei termini μορία e μέρη si trova in ANGELES GARNICA, D. El caballo negro del Phaedrus. Demostrar, mostrar y armonizar el conflicto del alma. Tesi dottorale I, 3.3.1. Roma 2018.

[5] PLATONE, Parmenides 157 d7-e2.

[6] Sull’attuale dibattito mereologico si può consultare C. VARZI, Ontologia, 109-110.

[7] Questa posizione è coerente con la concezione che l’uno non è un arithmos, infatti, l’uno non è una molteplicità di items contabili (Cfr., P. PRITCHARD, Plato’s Philosophy of Mathematics, 71).

[8] L’uno come la prima posizione nella sequenza di forme è suggerito per BLYTH, D. «Platonic Number in the Parmenides and Metaphysics XIII», 30. Ma nella teoria che abbiamo segnalato, l’uno non è una posizione in una data sequenza, neppure la prima. L’uno sarebbe piuttosto quello che permette di dare senso a tutta la sequenza.

[9] Rimane la difficoltà che nel Parmenide 153 a5-b1 pare affermarsi l’uno come il più piccolo degli arithmos. La dificultà si potrebbe sciogliere dicendo che l’uno non è un qualsiasi arithmos; infatti, l’uno non si può contare (non è una multiplicità di ítems) e neppure è una posizione tra le posizioni, dal momento che dà senso a tutta la sequenza. Un altro modo di prendere la difficoltà è interpretare il passagio come parte delle ipotesi nella ricerca delle risposte giuste.

[10] All’inizio del dialogo (131 a-c) si mette in relazione holon e mere. In altri passi mischia i termini, ad esempio, nel 153 c1-2 Parmenide dice che l’uno ne ha parti (μέρη) ma, súbito dopo nel 153 c5-7, le stesse parti si mettono in relazione con il tutto, ma questa volta le chiama μορία.

[11] PLATONE, Parmenide 135 d2-6

[12] PLATÓN, Parmenides 142 c2-3.

[13] PLATÓN, Parmenides 142 d4-5.

[14] PLATÓN, Parmenides142 e6- 143 a1.

[15] El todo como ὅλον es distinto al conjunto (πᾶν), pues el primero contiene partes-de (μορία) y el segundo simplemente partes (μέρη): las mismas partes de leño pueden dar lugar a una barca o a una carreta. Pero las partes de la barca, por ejemplo, el timón es parte de la barca y no de la carreta. La diferencia entre ὅλον y πᾶν ha sido expuesta por Cetrone (CETRONE, B,. «L’eidos come holon in Platone», F. FRONTEROTTA – W. LESZL, ed., Eidos – Idea. Platone, Aristotele e la tradizione platonica, Academia Verlag –Sankt Augustin, Germany 2005, 103- 114). Una breve exposición del uso de μορία y μέρη se encuentra en ANGELES GARNICA, D. El caballo negro del Phaedrus. Demostrar, mostrar y armonizar el conflicto del alma. Tesis doctoral I, 3.3.1. Roma 2018

[16] PLATÓN, Parmenides 157 d7-e2

[17] Sobre estas  posiciones  en  el  actual  debate  mereológico  se puede  consultar C. VARZI, Ontologia, 109-110.

[18] Esta posición es coherente con la concepción que el uno no es un arithmos cualquiera, es decir, el uno no es una pluralidad de items contables (Cfr., P. PRITCHARD, Plato’s Philosophy of Mathematics, 71).

[19] Que el uno sea tomado como el primero de una secuencia de formas lo sugiere BLYTH, D. «Platonic Number in the Parmenides and Metaphysics XIII», 30. Sin embargo, en la doctrina mereológica que hemos expuesto, el uno no es una posición más de una secuencia, así sea la primera. Sino que el uno es aquello que permite dar sentido a la secuencia toda.

[20] Queda la dificultad que en Parménides 153 a5-b1 parece afirmarse que el uno es uno el más pequeño de los arithmos. La dificultaf podemos resolverla diciendo que el uno no es un arithmos cualquiera, en el sentido que no se puede contar (no tiene subunidades) ni es una posición más (puesto que da sentido a la secuencia toda). O bien, se puede interpretar el pasaje como parte de las afirmaciones, no certeras, sino hipotéticas, en la búsqueda de una respuesta.

[21] Así, al inicio del diálogo (131 a-c) se pone en relación holon y mere. Representativo es 153 c1-2 donde Parménides dice que el uno tiene partes (μέρη). Inmediatamente después, en 153 c5-7, las mismas partes se relacionan con el todo y el uno, pero designándolas con el término μορία.

[22] PLATÓN, Parmenides 135 d2-6

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