What the instant looks like. Plato’s Parmenides and the science of transition
This contribution focuses on Plato’s view of the instant (τὸ ἐξαίφνης) as presented in the Parmenides (156d – 157b). It investigates the relevant tenet according to which the Being and the Becoming of the One can be determined through the transition from a state to another or from affections (παθήματα) or properties to others by means of the durationless instant.
First, I argue that Plato’s view of instantaneity cannot be assimilated to any perdurantism. Indeed, when talking about the being of the one in the instant (156 c- 156e), Plato refers to the condition for an inner transition from a state to another to occur. Therefore, the instant is set out of the flow of time. In other words, the “now” (νῦν) cannot be assimilated with the instant. The now or different “nows” can be aggregated and can be part of a time series. The instant on the contrary is unique. We cannot have, in Plato’s view, a series of instants (156e), nor we need it if we want to describe physical phenomena, since we have the now as a mode of time, different from ‘before’ and ‘after’ to do that. The way in which the one relates to the instant cannot be understood in spatio-temporal terms.
However, in order to ensure in the one a transition from Being to Becoming and viceversa, the instant must allow an indirect reference to the spatio-temporal world where any transition occurs, as well as a link to the eternal world of forms, given that it is in the μεταξύ. Thus, I clarify in which sense the instant situates in the μεταξύ between Being and Becoming as a necessary tool in order to determine the properties of the one with respect to the Being. In my view, Plato’s arguments point to the fact that there must be a science of transition (155e – 156c), namely a coherent theory through which we can account for any sudden transition or non-local switching from a state to another. The pressing issue to clarify is which science he is talking about. Is it a theory leading to science (ἐπιστήμη)? Or is it a theory with a hybrid status? And why does Plato need it? In 155d Plato mentions that we can have knowledge, opinion and sensation of the one. Whereas the one needs to be in time in order to be known or felt through its affections, yet the condition for it to change is posited outside the flow of time, in the instant. Thus, the understanding of the ground of this transition cannot pertain to sensation and opinion, but only to science. How? This is because any condition of a transition of the one, e.g. from one to many, occurs out of time, in the instant, but in turn the instant is the signature of a process of generation or signifies a transition in the physical world that occurs in time.
The science of transition is meant to give a definition of the generation (τὸ γίγνεσθαι). It is a theory about coming into being or the genesis of new states (157a). Thus, in my view, in 155e – 157a Plato approaches the problem of justifying any generation through a science of transition which has a hybrid status: it only explains the possibility and actuality of generation, but it does not deal with specific products of this generation. Plato’s theory of transition refers to the fundamental ground of any transition, the instant, but it cannot define the instant through time, whereas the instant signifies the non-place (τὸ ἄτοπον) where any generation takes place (in this sense it brings with it a sense of absurdity).
Among the most interesting properties of the instant we find non-locality. Indeed, the instant as sudden shift or switch allows us to think of the interruption of a process and the condition for the rising of a new different one at any place or nowhere. Furthermore, given the atemporal character of the instant understood in terms of durationless thing, a state can pertain to an entity at once or more states as actual possibilities can pertain to one and the same entity at once. Only thanks to the temporal dimension or “being in time” of the one we can apply the principle of identity and the excluded middle, but in the instant, they do not hold.
There are different types of transition, according to my reading. One is clearly physical occurring in both space and time (change of a state or position) or of places in time (motion), as well as purely in time when a change in our feelings (e.g. from pleasure to pain) occurs. When it is regarded as the result of a continuous process, a transition is referring to physical or mental states of the phenomenal world.
However, there can be another type of transition that is non-local and defines the way in which change can occur in the One, i.e. how its properties can be configured when it partakes in the Being. The instant is what allows us to think of the transition from a state to another or of a sudden change of regime (switch, change of direction of a transition) both in the external physical world and in our bodies. However, at the most abstract level of Plato’s science of transition, the instant also allows to characterize the inner determinations of the One and how it partakes in the Being and the Becoming.
References
Brisson, Luc. “L’Instant, le temps, et l’éternité dans le Parménide (155 e–157 b) de Platon.” Dialogue: Canadian Philosophical Review/Revue canadienne de philosophie 9, no. 3 (1970): 389-396.
A cosa somiglia l’istante. Il Parmenide di Platone e la scienza della transizione
Questo contributo si concentra sulla nozione platonica di istante (τὸ ἐξαίφνης) come viene presentata nel Parmenide (156d – 157b) e sull’importante principio secondo cui l’essere e il divenire dell’uno possono essere determinati attraverso una transizione da uno stato ad un altro o da certe affezioni (παθήματα) o proprietà ad altre grazie all’istante atemporale.
In primo luogo sostengo che la visione platonica di instananeità non può essere assimilata ad alcun perdurantismo. Infatti, quando Platone parla dell’essere dell’uno nell’istante (156 c- 156 e), si riferisce alla condizione perchè si dia una transizione interna da uno stato ad un altro. Perciò l’istante è posto fuori dal passaggio del tempo. In altre parole, l’”ora” (νῦν) non può essere assimilato all’istante. L’ora o differenti “ora” posono essere aggregati e possono essere parte di una serie temporale. Al contrario l’istante è unico. Non possiamo avere, secondo Platone, una serie di istanti (156e), e neppure ne abbiamo bisogno se vogliamo descrivere fenomeni fisici, in quanto già abbiamo l’ora come modalità del tempo che si differenzia dal prima e dal dopo per farlo. Il modo in cui l’uno si pone in relazione con l’istante non può essere compreso in termini spazio-temporali.
Tuttavia per assicurare una transizione nell’uno dall’essere al divenire e viceversa, l’istante deve permettere un riferimento indiretto al mondo spazio-temporale dove avvengono transizioni, e allo stesso tempo anche un riferimento al mondo eterno delle forme, in quanto esso si trova nel μεταξύ. Dunque va chiarito in che senso situandosi nel μεταξύ, tra essere e divenire, l’istante sia uno strumento necessario per determinare le proprietà dell’uno rispetto all’essere. Secondo la mia lettura, gli argomenti di Platone sono volti a mostrare come debba esserci una scienza del passaggio o della transizione (155e-156c), ovvero una teoria coerente mediante la quale possiamo dar conto di ogni transizione improvvisa o di un cambio non-locale da uno stato a un altro. La questione che ci preme chiarire è di che tipo di scienza stiamo parlando. È una teoria che produce scienza (ἐπιστήμη)? O è una teoria con uno status ibrido? E soprattutto perchè Platone ne ha bisogno? In 155d Platone menziona che possiamo avere scienza, opinione e sensazione dell’uno. Mentre l’uno deve stare nel tempo per essere conosciuto o sentito attraverso le sue affezioni, la condizione del suo mutamento è posta fuori del tempo, nell’istante. Dunque, la comprensione del fondamento di questa transizione non può appartenere alla sensazione e all’opinione, ma solo alla scienza. Come? Questo accade perchè ogni condizione per una transizione dell’uno (per esempio dall’uno a molti) è posta fuori del tempo, nell’istante, ma del resto l’istante è a sua volta segno di un processo di generazione o significa una transizione nel mondo fisico che accade nel tempo.
La scienza della transizione è volta a definire la generazione (τὸ γίγνεσθαι). È una teoria del venire all’essere, della genesi di nuovi stati (157a). Perciò, a mio avviso, in 155e-157a Platone si avvicina al problema di giustificare qualsiasi generazione attraverso una scienza della transizione che ha uno status ibrido: essa spiega solamente la possibilità e la realtà della generazione, ma non ci dice nulla dei prodotti specifici che vengono generati. La teoria platonica della transizione si riferisce al fondamento di qualsiasi transizione, l’istante, ma non può definire l’istante stesso mediante qualcos’altro come il tempo, mentre l’istante a sua volta significa un non-luogo (τὸ ἄτοπον) dove ogni generazione ha luogo (in questo senso porta con sé un carattere di assurdità).
Tra le caratteristiche più interessanti dell’istante troviamo la non-località. Infatti l’istante inteso come salto o cambio improvviso ci permette di pensare l’interruzione di un processo e la condizione del sorgerne di nuovi in ogni luogo o da nessuna parte. Inoltre, dato il carattere atemporale dell’istante inteso come un qualcosa senza durata, uno stato può appartenere ad un ente allo stesso tempo o più stati come possibilità reali possono appartenere a uno e lo stesso ente al medesimo tempo. Solamente grazie alla dimensione temporale o all’essere nel tempo dell’uno è possibile applicare il principio di identità e il terzo escluso, ma nella dimensione dell’istante ciò non è possibile.
Secondo la mia lettura, dunque, Platone riesce a dar conto di diversi tipi di transizione. Una chiaramente fisica che ha luogo nello spazio e nel tempo (cambio di uno stato o posizione) o che prevede un passaggio di luoghi nel tempo (movimento), come anche una puramente nel tempo quando avviene un cambiamento nei nostri sentimenti (dal piacere al dolore). Quando è considerato come il risultato di un processo continuo, una transizione si riferisce agli stati fisici o mentali del mondo fenomenico.
Ma può esserci una transizione non locale e che definisce il modo in cui un cambiamento può avvenire nell’uno, ovvero come le sue proprietà possono essere configurate quando partecipa dell’essere. L’istante è ciò che ci permette di pensare e conoscere la transizione da uno stato all’altro o a un cambiamento di regime (interruzione, cambio di direzione) sia nel mondo fisico che nei nostri corpi. Tuttavia, ad un livello più astratto della scienza della transizione di Platone, l’istante è ciò che ci permette di caratterizzare le determinazioni interne dell’uno e come esse partecipino dell’essere e del divenire.
Riferimenti bibliografici
Brisson, Luc. “L’Instant, le temps, et l’éternité dans le Parménide (155 e–157 b) de Platon.” Dialogue: Canadian Philosophical Review/Revue canadienne de philosophie 9, no. 3 (1970): 389-396.