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La strada per l’Accademia : Il protrettico implicito del Parmenide di Platone

Alcuni tratti del Parmenide non hanno termini di paragone nel corpus platonico. Anzitutto, un Socrate diciannovenne prova a sconfiggere Zenone sul terreno di quest’ultimo, prima di essere ridotto al silenzio da Parmenide. Come Alcibiade o Teeteto, Socrate è qui rappresentato come un giovane promettente ma inesperto, che sembra essere confutato da una benevola e riconosciuta autorità nel campo della filosofia. All’interno del corpus platonico, quindi, il Parmenide riunisce in sé la data drammatica più antica (agosto del 450) e più recente (probabilmente gli anni ’80 del IV secolo), corrispondenti, rispettivamente, alla scena principale del dialogo e alla cornice introduttiva. Il grosso del testo, circa due terzi del dialogo, consiste sorprendentemente in un esercizio dialettico che pare un rompicapo, battezzato dal suo progenitore come un ‘gioco estenuante’ (πραγματειώδη παίδιὰν 137b2). Tale esercizio può essere inteso come un esame serio di tecniche argomentative differenti oppure come una decostruzione dei ragionamenti eleatici attraverso un esteso coup de théâtre…de l’ absurde.

La mia tesi è che da un certo punto di vista queste stranezze sono parte integrante del carattere protrettico del dialogo. Il Parmenide platonico pratica una forma di ragionamento filosofico che deve essere distinto da quello che vede impegnato il Socrate platonico, ossia la ricerca della verità coltivata nell’Accademia. Platone promuove la sua visione del mondo attraverso una dimostrazione in negativo di quel che la filosofia socratica non è, una dimostrazione che emerge dai seguenti aspetti del dialogo.

 

  1. Topografia

L’azione principale del Parmenide consiste nel resoconto di una conversazione fra Parmenide, Zenone e Socrate avvenuta ad Atene durante le Panatenee del 450 a.C. e riferita da un distinto signore ateniese a beneficio di un gruppo di visitatori stranieri provenienti dall’Asia Minore. Costoro sono esplicitamente identificati come filosofi che hanno lasciato il loro paese natio per Atene allo scopo di ascoltare il racconto di quella famosa conversazione da una fonte affidabile, ossia da Antifonte, che ha mandato a memoria la testimonianza oculare di Pitodoro, uno degli accoliti di Zenone. La costruzione del Parmenide, quindi, presenta due platee interne di (aspiranti) filosofi, divise dal tempo ma rese contigue dalla vicinanza spaziale. La progenie filosofica di Anassagora ‘replica’ la visita ateniese di Parmenide come un pellegrinaggio. Si tratta al tempo stesso di un’appropriazione potente del motivo parmenideo del viaggio alla scoperta della verità, nonché di un elogio di Atene come luogo di incontro dei migliori protagonisti di quelle che più tardi saranno identificate come le correnti ‘ionica’ e ‘italica’ della filosofia greca.

Lo zelo dei visitatori prende corpo nelle tappe del loro lungo viaggio, sia esplicite che implicite (queste ultime sono contraddistinte da un asterisco): da Clazomene (126a1), i visitatori raggiungono il *Pireo e raggiungono quindi l’agorà ateniese (a2) prima di stabilirsi in una casa privata nel distretto di Melite (a9-10). Da notare il fatto interessante che una residenza privata è pure la destinazione del viaggio degli Eleati registrato nel racconto di Antifonte: Parmenide, accompagnato da Zenone, arriva al *Pireo da *Elea ed è ospitato da Pitodoro nella sua casa situata nel distretto del Ceramico oltre le mura della città (127c1). Tuttavia, la discrepanza fra le tue visite segnala la trasformazione di Atene come centro culturale. A differenza dell’occasione festiva e del carattere pubblico della visita avvenuta nel quinto secolo, il viaggio dei Clazomenii è un evento estemporaneo e occasionale, privo di qualunque contesto civico o religioso.

L’ambientazione del dialogo di cornice è una casa, fuori dalla città, nell’area del Ceramico, in cui vengono recitati e commentati libri di filosofia. Si può anche notare che (a) il demo di Melite confinava con quello di Collito e (b) che la prosecuzione all’interno delle mura della strada dell’Accademia, la via principale del Ceramico, è la via panatenaica. Alla luce di questi nessi topografici, si è portati a intendere la casa di Antifonte come una proiezione della residenza di Platone all’Accademia, e la visita dei Clazomenii come un pellegrinaggio abortito, che non ha mai raggiunto la sua destinazione finale.

 

  1. (Inter)testualità

La rete intertestuale del Parmenide punta in direzioni diverse. L’opera di Parmenide appare come un ovvio sotto-testo, tanto per il motivo del viaggio quanto per la struttura tripartita condivisa dal poema epico (proemio, verità, opinione) e dal dialogo in prosa (ricerca di Antifonte, 126a-127a; a casa di Pitodoro, 127a-137c; l’uno e i molti, 137c-166c). Riferimenti ad altri dialoghi platonici come il Simposio (stratificazione narrativa) o al Carmide (Parm. 126a2-3 ≈ Charm. 153b3-4) sono a loro volta di particolare importanza.

Il principale sotto-testo platonico sembra essere la Repubblica, come suggeriscono la topografia e il cast di personaggi. Il Pireo, dove è ambientata la Repubblica, è infatti il comune punto di partenza su suolo attico per entrambi i gruppi di visitatori. Al tempo stesso, gli interlocutori di Socrate nella Repubblica sono o esplicitamente presenti (Glaucone e Adimanto, i fratelli maggiori di Platone) oppure evocati, come accade per Antifonte, il fratellastro di Platone, e per Cefalo, tramite l’omonimia fra Cefalo di Clazomene e Cefalo di Siracusa, il proprietario della casa in cui si svolge la Repubblica. E’ un tocco speciale di ironia platonica il fatto che un dialogo in cui sono mosse (presunte) critiche feroci alla necessità filosofica delle Idee debba essere letto sullo sfondo della più elaborata argomentazione in loro favore.

Contemporaneamente, la nozione stessa di testualità si impone come un problema fin dalle prime battute del dialogo. L’obiettivo apparente della visita degli Eleati è la presentazione al pubblico ateniese di un nuovo libro di Zenone – una lettura che viene commentata da Socrate. Antifonte, a sua volta, viene presentato come  uno che ha studiato meticolosamente  (διεμελέτησεν 126c7) e mandato a memoria la conversazione fra Parmenide, Zenone e Socrate dopo aver letto il libro di Pitodoro (πολλάκις ἀκούσας τοῦ Πυθοδώρου ἀπομνημονεύει c2-3). Testimonianza indiretta di questo libro può essere la scomparsa delle formule narrative nello scambio fra Parmenide e Aristotele – un tratto che richiama il Teeteto, nel quale la conversazione fra Socrate e Teeteto è stata registrata da Euclide in un libro che ha la forma di un dialogo diretto.

Intendo sostenere la tesi che dal punto di vista testuale la πραγματειώδης παιδιά di Parmenide è l’’esecuzione’ di un dialogo diretto in prosa, fondato su argomentazioni di stile zenoniano, che funge da sfondo di contrasto per il dialogo socratico come definito e promosso da Platone.

 

  1. Dialettica (parmenidea)

Costruito com’è sullo iato fra, da un lato, le continue oscillazioni di Parmenide fra l’uno e i molti e, dall’altro, tutto quanto precede l’esercizio dialettico, il testo del Parmenide ricorda la traiettoria di un pendolo. Uno scambio di idee reciproco fra pensatori che si riconoscono a vicenda in un contesto spazialmente e cronologicamente definito è rimpiazzato da un’argomentazione intangibile, portata a un elevato grado di astrazione in un contesto smaterializzato. Il sommovimento della discussione iniziale cede il passo all’illusione di un pensiero in movimento, che finisce poi per cadere nella spirale discendente di un’argomentazione circolare. Nella migliore tradizione dell’assurdo comico, le parole retrospettive di Parmenide in chiusura (166c2-5) mandano all’aria qualunque pretesa di progresso intellettuale e suggellano la natura auto-distruttiva della ginnastica mentale degli Eleati (almeno nella rappresentazione di Platone).

 

Road to Academy : The implicit protreptics of Plato’s Parmenides

 

The Parmenides displays a couple of features nowhere else to be found in the Platonic corpus. To begin with, a 19-year old Socrates attempts at beating Zeno at his own game before himself getting silenced by Parmenides. Much like Alcibiades or Theaetetus he is depicted as the promising but inexperienced youngster who seems to be refuted by an acknowledged, benevolent philosophical authority. Accordingly, the Parmenides features the earliest (August 450)  and the latest (probably 380s) dramatic dates in the Platonic corpus, those of the main action and the introductory scene respectively. The bulk of the text, nearly two thirds of the dialogue, puzzlingly consists in a head-spinning exercise in dialectics, identified by its progenitor as a ‘troublesome game’ (πραγματειώδη παιδιὰν 137b2). This may be construed as a serious examination of alternative argumentative techniques or a deconstruction of the Eleatic reasoning by means of an extended coup de théâtre…de l’ absurde.

My argument is that one way to account for these oddities is that they form an integral part of the protreptic character of the dialogue. The Platonic Parmenides practices a particular type of philosophical reasoning that needs to be distinguished from what the Platonic Socrates engages in, namely the search for truth cultivated in the Academy. Plato’s exhortation for his own worldview takes the form of his showing what Socratic philosophy is not and may be detected in the following aspects of the dialogue.

 

  • Topography

The main narrative of the Parmenides records a conversation between Parmenides, Zeno and Socrates held in Athens at the Panathenaia of 450 BC, related by an Athenian gentleman to a group of foreign visitors from Asia Minor. These men are explicitly identified as philosophers who left their homeland for Athens so that they may hear about that momentous meeting from a reliable source, namely Antiphon who had memorised the eye-witness account of Pythodoros, one of Zeno’s associates. The plot of the Parmenides then features two internal audiences of (prospective) philosophers, divided by time, brought together by spatial proximity. Anaxagoras’ philosophical descendants ‘replay’ Parmenides’ visit to Athens as a pilgrimage: at the same time a powerful appropriation of the Parmenidean motif of journey for the discovery of truth and a praise of Athens as the meeting point of the best in what later came to be identified as the ‘Ionian’ and the ‘Italian’ branches of Greek philosophy.

The visitors’ zeal is objectified in the signposts of their long journey, whether stated or implied (the latter indicated with an asterisk): from Klazomenae (126a1) they reach *Piraeus and then move on to the Athenian Agora (a2) before settling down in a private house at the district of Melite (a9-10). Interestingly, a private residence is the destination of the Eleatics’ journey recorded in Antiphon’s narrative: Parmenides, accompanied by Zeno, arrives at *Piraeus from *Elea and is hosted by Pythodoros in his house at the district of Kerameikos beyond the city walls (127c1). Yet the discrepancy between the two visits points to the transformation of Athens as an intellectual centre. Unlike the festive occasion and the great publicity of the fifth-century visit, the Klazomenians’ trip is an unprepared ad hoc event lacking any civic or religious context.

The setting of the frame dialogue is a house in the area of Kerameikos outside the city where philosophical books are performed and commented on. It may also be noticed that (a) the deme of Melite shared borders with that of Kollytos and (b) the intramural continuation of the Academy Road, the main street of Kerameikos, is the Panathenaic Way. In view of these topographical correlations one is inclined to construe Antiphon’s house as an avatar of Plato’s own residence in the Academy and the Klazomenians’ visit as a ‘perverted’ pilgrimage, one that never reached its final destination.

 

  • (Inter)Textuality

The  web of intertextuality in the Parmenides is spread in a number of different directions. Parmenides’ own composition seems an obvious subtext whether one points to the motif of journey or the tripartite structure shared by both the epic poem (Prooemium, Truth, Opinion) and the prose dialogue (Looking for Antiphon 126a-127a; At Pythodoros’ house 127a-137c; The one and the many 137c-166c).  References to other Platonic dialogues, such as the Symposium (multiple layers of narratives) or the Charmides (Prm. 126a2-3 ≈ Chrm. 153b3-4), are also of particular significance.

The main Platonic subtext seems to be the Republic as suggested by both topography and cast. For Piraeus, the setting of the Republic, is the common starting point in Attic soil for both groups of visitors. At the same time, Socrates’ interlocutors in the Republic are either themselves present (Glaukon, Adeimantos, Plato’s older brothers) or invoked as is the case with Antiphon, Plato’s half-brother, or Kephalos of Kalzomenai, the namesake of Kephalos of Syracuse, the owner of the house where the story of the Republic takes place. It is a special touch of Platonic irony that a dialogue that (supposedly) raises severe objections to the philosophical necessity of the Forms is to be read in the context of the most elaborate argumentation for them.

At the same time, textuality itself becomes an issue from early on in the dialogue. The apparent objective of the Eleatics’ visit is Zeno’s presenting his new book to the Athenian public – a performance commented upon by Socrates. Antiphon, in turn, is said to have studied meticulously (διεμελέτησεν 126c7) and learnt by heart the conversation between Parmenides, Zeno, and  Socrates since he had read the relevant book by Pythodoros (πολλάκις ἀκούσας τοῦ Πυθοδώρου ἀπομνημονεύει c2-3). An indirect evidence for such a book may be the loss of the markers of narrative in Parmenides’ exchange with Aristotle – a feature reminiscent of the Theaetetus, in which the conversation between Socrates and Theaetetus has been recorded by Euclides in his book in the form of a dramatic dialogue.

I wish to argue that in textual terms Parmenides’ πραγματειώδης παιδιά is a performance of a prose dramatic dialogue featuring argumentation of Zenonian style that works as a foil to the Socratic dialogue – as defined and promoted by Plato.

 

  • (Parmenidean) Dialectics

Βuilt on the  rupture between Parmenides’ consecutive oscillations between the one and the many and everything that comes before it, the text of the Parmenides recalls the trajectory of a pendulum. A reciprocal exchange of ideas between thinkers acknowledging each other’s presence in a contextualised time and space is suddenly replaced by disembodied argumentation of a high level of abstraction in a de-materialised milieu. The  commotion of the initial discussion gives way to the illusion of a thought in motion falling into a downward spiral of circular argumentation. In the best tradition of comic absurd Parmenides’ all-encompassing final words (166c2-5) blow up any pretensions for intellectual progress and seal the self-defeating character of the (Platonic version of) Eleatic gymnastics of mind.

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