Festival Filosofia: Bauman e l'amore on line e off lineGiovanni Reale è morto improvvisamente nella sua casa a Luino, vicino Varese, il 15 ottobre 2014. Era nato il 15 aprile 1931, aveva dunque 83 anni, ed era ancora impegnato in molti lavori; in particolare sui primi dialoghi platonici, una traduzione con commento che uscirà per Bompiani nel 2015. Tutti i giornali italiani hanno dato la notizia con ampio rilievo, perché Reale era molto conosciuto anche per prese di posizioni su alcune questioni molto scottanti (come quelle connesse alla bioetica e alla interruzione della vita per i malati in coma irreversibile) che avevano interessato l’opinione pubblica.

 

 

Non riesco a parlare di Giovanni Reale senza iniziare, e poi senza chiudere, con alcuni dati personali, che mi legano al mio professore. Anche perché in questi ultimi anni abbiamo avuto anche modo e tempo di dichiararci entrambi ben contenti di come è andata questa nostra strana e complessa storia.

Ho incontrato la prima volta Giovanni Reale nel 1963. Era il primo anno che insegnava a Milano in Università Cattolica, io ero matricola. Lui adorava Platone, io (quasi) più di lui e impiegai quell’anno accademico a leggere per la prima volta e di seguito tutti i dialoghi. L’anno dopo gli consegnai una tesina sull’Ippia maggiore di Platone, che approvò. Lui veniva da un periodo di studi in Germania, io da una folle lettura da liceale di testi di Gomperz, Zeller, Jaeger… Che dire, eravamo proprio fatti per intenderci. All’inizio di novembre 1967 io diventavo il suo primo laureato. E fino alla sua morte non ci siamo mai persi di vista. Di più: lui ha accettato di continuare a considerarmi il suo primo allievo anche quando, per le mie scelte politiche e personali, divenne chiaro che non potevo stare nell’Università Cattolica e non potevo essergli utile in alcun modo. So per certo che ha avuto pressioni per “scaricarmi”, ma non l’ha fatto, anzi sono stato anche il primo che, assai tardi, è stato collocato in cattedra.

Non basta neanche questo. Non credo che ci sia un mio libro in cui, magari in nota e sempre con molto rispetto, io non abbia espresso un dissenso, piccolo ma a volte anche grande, con una sua tesi. Reale, che se n’è sempre accorto perché era un lettore molto attento, non ha mai battuto ciglio, nemmeno quando ero poco più che un ragazzo, anzi una volta mi ha persino fatto un mezzo complimento. Era molto convinto delle sue idee, ma sempre sulla base di un confronto dialettico onestissimo con le tesi diverse dalle sue. E se erano sostenute con rigore le rispettava.

Se n’è andato come credo avrebbe voluto: si è alzato una mattina, ha fatto tutto, si è messo al solito tavolo da lavoro e poi è partito per la sua ultima dimora. Era un uomo di grande fede, condivisa da tutta la sua famiglia, che ha intitolato il suo funerale “Pasqua di Giovanni Reale”, una cerimonia estremamente sobria, religiosa (vietati gli applausi!), con una scelta accurata delle letture, compreso un brano di S. Agostino.

Detto questo, Giovanni Reale è stato un grande studioso di filosofia antica, forse il più grande in Italia, certo il più noto anche a livello internazionale. Ha prodotto una montagna ininterrotta di studi del tutto originali. Reale non ha mai avuto quella forma di sudditanza psicologica che spinge tanti studiosi, anche bravi, a “cantare sempre nel coro”, ma non era nemmeno uno spirito ribelle, alla continua ricerca della novità. Era uno studioso nel vero senso della parola: non aveva paura di affrontare quei temi evitati dai furbi perché “troppo difficili”, non aveva timore di opporsi a tesi maggioritarie se gli sembrava chiaro che i testi portavano ad altre conseguenze o richiedevano altre interpretazioni. Inoltre ha costantemente scritto pensando allo studente-lettore e/o all’uomo di cultura, mai ai colleghi che lo avrebbero letto. Così è sempre riuscito a dare contributi rilevanti. Su Aristotele negli Anni Sessanta si è opposto quasi da solo all’interpretazione evoluzionistica di Jaeger, ai suoi tempi una sorta di dogma, oggi da tutti abbandonata ma senza quel rigore che invece Reale ha manifestato soprattutto nel suo grande commento della Metafisica (2 voll., Loffredo 1968, poi 3 voll., Vita e Pensiero 1993).

Ma l’episodio più rivelatore di che tipo di studioso era Reale riguarda il suo Platone, autore che ha sempre studiato. Quando si è finalmente deciso a scrivere una sua opera di sintesi partiva dalla negazione della attendibilità della testimonianza aristotelica sulle “dottrine non scritte”; tuttavia, per capire bene la posizione opposta, si è ripetutamente incontrato con gli esponenti della “Scuola di Tubinga”, H.-J. Kraemer, soprattutto, e K. Gaiser; secondo questi studiosi tedeschi le “dottrine non scritte” contengono il cuore teoretico della filosofia di Platone, cui si allude nei dialoghi, che hanno una importante funzione protrettica illustrata dal Fedro. A questo punto Reale “si è convertito” e ha aderito con entusiasmo a questa interpretazione, scrivendo un libro su Platone (1991) che ha avuto oltre venti edizioni in italiano e traduzioni in molte lingue. In questo testo egli è andato ben oltre i contributi dati dagli studiosi tedeschi, soprattutto sul piano della ricostruzione della metafisica di Platone, del ruolo del Demiurgo e su una miriade di altri temi. Questo è stato riconosciuto dagli stessi Tubinghesi che hanno accettato la formula di “Scuola di Tubinga-Milano”, proposta la prima volta da colui che sta scrivendo.

A questo punto gli altri importantissimi studi di Reale non possono che essere definiti “minori”, anche se si tratta di contributi molto rilevanti. Basta ricordare la serie di lavori sugli eleati, dall’aggiornamento dello Zeller-Mondolfo all’edizione di Melisso e ad altri studi su Parmenide; poi, un fondamentale studio sulla Metafisica di Teofrasto, opera importante per capire la storia dell’aristotelismo, e ancora l’aver tradotto e fatto tradurre la raccolta dei Frammenti dei Presocratici di Diels-Kranz (2006).

Nel frattempo Reale ha scritto anche la più grande Storia della filosofia greco-romana (Bompiani 2004) che io conosca, pubblicata in vari formati e ricchissima di notizie su tutti i filosofi antichi. Non stupisce quindi che una generazione di studenti (ed ex-studenti) lo ricordi per il manuale, redatto in collaborazione con Dario Antiseri, su Il pensiero occidentale (La Scuola 1983), che poi è diventato una monumentale Storia della filosofia in 14 volumi, tradotta in varie lingue.

Infine devo sottolineare una sua attività che da sola meriterebbe la riconoscenza di tutti gli uomini di cultura: quella di promozione culturale. Reale ha fatto pubblicare una serie di opere originali e soprattutto di traduzioni italiane di opere di grandi storici e filosofi di tutti i Paesi, presentandole quasi sempre con prefazioni chiare curate da lui stesso, prima per le edizioni di Vita e Pensiero poi per le collane “Classici della filosofia” e “Testi a fronte” di Bompiani. Ha così messo a disposizione dei lettori italiani decine e decine di testi importanti, di opere mai tradotte o non più reperibili, un’operazione che segna un’intera stagione culturale.

E alla fine ha potuto anche divertirsi, curando alcune eleganti edizioni di grandi opere d’arte (a partire dalla Scuola di Atene di Raffaello) interpretate da lui stesso.

E’ stato un lavoratore instancabile, capace di “spingere” i suoi allievi a fatiche altrettanto gravose. Un grande maestro, anche perché a noi ha insegnato una cosa necessaria per fare un buon lavoro storico. Alla fine, tu devi mettere il lettore, che ha fatto la fatica di leggerti, nella condizione di dire: dunque, questo testo mi ha fatto capire che…. Non si scrive per avere cattedre universitarie, per avere riconoscimenti o soldi, si scrive per passione, per l’importanza della cosa stessa e soprattutto per gli altri. In questo il suo cristianesimo e le sue caratteristiche di studioso si connettevano perfettamente: era un uomo. E Dio solo sa quanti pochi ce ne sono in giro oggi.

Maurizio Migliori